Manduria si erge fiorente sulla scenografica soglia delle Murge tarantine, nodale crocevia commerciale a cavallo fra le province di Taranto, Brindisi e Lecce, benché storicamente e culturalmente più affine all’area del Salento.
Nel suo stemma cittadino è raffigurato un mandorlo che emerge da un pozzo, una sorgente naturale dal grande valore simbolico: il Fonte Pliniano. Le acque di questa sorgente che scaturiscono all’interno di una grotta sotterranea nei pressi della chiesetta rupestre di San Pietro Mandurino, hanno segnato la storia locale da tempi antichi. Secondo la tradizione, durante l’assedio punico di Annibale, proprio il Fonte permise ai Cartaginesi di resistere a lungo grazie alla preziosa acqua che vi sgorgava.
Manduria vanta origini messapiche risalenti a molti secoli fa, ricoprendo un ruolo strategico di primo piano nel contrastare l’avanzata ellenica e tarantina nell’entroterra salentino. La storia tramandata narra di un’accesa resistenza opposta nel IV secolo a.C. ai Tarantini guidati da Archidamo di Sparta, ucciso in battaglia.

Il carattere prettamente difensivo della città traspare dai resti delle tre cinte murarie concentriche, risalenti rispettivamente al V, IV e III secolo a.C. La più esterna, eretta contro Annibale, si estendeva per 3 km raggiungendo notevoli dimensioni, a riprova dell’importanza strategica che Manduria rivestì nel corso dei secoli grazie alla strenua difesa del proprio territorio.
Fiorita in epoca romana, la città conobbe poi un declino dovuto alle devastazioni di popoli invasori. Totila la rase al suolo nel 547, ma venne ricostruita; i Longobardi se ne impossessarono nel 924. Il colpo più duro giunse però per mano dei Saraceni nel 977, quando ne cancellarono ogni traccia radendola completamente al suolo.
Dopo secoli di traversie, Manduria risorse nell’XI secolo con il nome di Casalnuovo. Ci vollero però i Borbone, soltanto nel XVIII secolo, per restituire alla comunità la memoria delle origini, ripristinando la denominazione di Manduria.
Cosa vedere a Manduria
Del castello normanno che un tempo dominava Manduria non resta traccia, soppiantato dal severo e maestoso Palazzo Imperiali-Filotico. Voluto nel XVIII secolo dal principe di Francavilla e signore di Casalnuovo Michele Imperiali, discendente della nobile famiglia genovese che aveva avuto in feudo Manduria, il palazzo si erge sulle rovine del precedente fortilizio.

Costruito in carparo, il materiale dona all’edificio un colore bruno uniforme. La maestosa facciata accoglie al primo piano una grande balconata con ringhiera in ferro battuto, mentre attraverso il grandioso portale si accede a un elegante cortile dominato da una doppia scalinata con loggia.
Capolavoro tardobarocco pugliese, il palazzo seppe sostituirsi all’antico castello, elevando Manduria a residenza principesca e celebrando la potenza della famiglia Imperiali nelle terre salentine settentrionali.
Sempre nella centrale Piazza Garibaldi si trova la Chiesa del Carmine con l’adiacente ex-convento seicentesco degli Scolopi. I lavori per la realizzazione del convento e della chiesa iniziarono nel 1696 e terminarono nel 1741, come ricorda anche l’iscrizione nel timpano, ed inizialmente era intitolata ai Santi Pietro e Paolo ma nel 1834 divenne la sede della Congregazione della Vergine Santissima del Carmine.

All’interno, l’elegante navata unica culmina nell’ampia cupola ovoidale riccamente decorata da affreschi della scuola di Diego Oronzo Bianchi, raffiguranti episodi biblici. Circa quaranta tele adornano le pareti, in gran parte opera dei pittori Bianchi, a celebrare la committenza e il fervore artistico locale di epoca settecentesca.
L’edificio del convento, in passato anche Municipio, è stato fino a pochi mesi fa la sede della Biblioteca Civica “Marco Gatti” di Manduria, costretta a traslocare per l’avvio di un cantiere di ristrutturazione.
La prima edificazione della Cattedrale di Manduria, più comunemente conosciuta come Chiesa Madre, risale probabilmente al XI secolo ma le uniche testimonianze rimanenti sono i leoni stilofori del portale centrale ed i resti dei pilastri del presbiterio. La Chiesa è stata completamente ricostruita verso la fine del XV secolo e completata in quello successivo, in connessione con la fioritura economica e sociale Aragonese in tutto il Principato di Taranto.

Nell’evidente impianto romanico è possibile riscontrare influenze veneto-dalmate nel prospetto della chiesa, con la facciata decorata da tre portali rinascimentali. Il portale centrale del 1532 è sormontato da una lunetta con rilievo raffigurante la Trinità attribuito a Raimondo da Francavilla, autore anche del Fonte Battesimale.
A dominare il fianco destro, il campanile quattrocentesco a cinque piani svetta verso il cielo con le sue monofore e bifore ogivali. La Chiesa Matrice di Manduria è un gioiello artistico ed architettonico che racconta secoli di storia, con un grande rosone centrale che cattura lo sguardo.
Tra i tesori barocchi di Manduria spicca la Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, sorta tra il Seicento ed il Settecento accanto all’ex convento agostiniano, sul Corso XX Settembre. La maestosa facciata a doppio ordine regala solennità all’edificio, cui esternamente si accompagna una grande cupola maiolicata.

All’interno, la navata a croce latina accoglie un fastoso altare maggiore impreziosito dalla statua della Vergine omonima realizzata nel 1725. Dopo vicende che videro la chiesa sede prima della Congregazione di San Rocco e poi parrocchiale, oggi testimonia quel fiorire artistico e devozionale che caratterizzò il Barocco pugliese.
A breve distanza si trova quello che un tempo era l’ingresso occidentale di Manduria sulla strada regia che conduceva a Napoli, la Porta di Sant’Angelo conosciuta anche come Porta Napoli. Risalente al tardo Cinquecento, reca sull’architrave la scritta “Manduria Restituta”, a voler riaffermare l’antico toponimo della città dopo il periodo di Casalnuovo.

Nel 1665 vi furono aggiunte le statue dei patroni che ancora oggi la ornano – l’Immacolata, San Gregorio Magno e San Carlo Borromeo – innalzate per mettere la città sotto la protezione mariana e liberarla dai frequenti temporali.
La Chiesa di San Leonardo sorride attraverso i secoli con una storia affascinante. Nel 1702, per dar vita all’edificio, furono abbattute due cappelle del 1621 dedicate alla Madonna di Costantinopoli. La nuova struttura fu realizzata in soli due anni e, a partire dal 1710, vide l’installazione dell’altare, dell’organo, del pulpito e di due campane – oggi ne resta solo una – oltre alla commissione, a Napoli, della statua di San Leonardo che decora l’altare principale.
Un ulteriore capitolo della sua storia si scrisse nel 1776, quando il re Ferdinando IV di Borbone approvò la fondazione di una confraternita; pochi mesi dopo, il gruppo ottenne il permesso di celebrare il Transito del santo, richiamando i festeggiamenti di Limoges, luogo della sua morte. All’interno, un dipinto del 1781 realizzato da Vincenzo Filotico cattura San Leonardo che invoca la Vergine di Costantinopoli, accompagnato da San Giovanni Evangelista e da figure incatenate, simbolo del protettore dei prigionieri.

Notevole anche il destino di questo tempio religioso: diversamente da molti altri, la chiesa sopravvisse indisturbata al terribile terremoto del 1743, evento attribuito alla protezione della Vergine Immacolata, venerata come “Madonna del Terremoto” ogni 21 febbraio.
Il cuore storico di Manduria si snoda in un dedalo di viuzze tortuose che invitano il visitatore a scoprire tracce preziose del passato e a contemplare le singolari caratteristiche architettoniche di questa antichissima cittadina salentina. Oltre alla Chiesa Madre e numerose altre magnifiche chiese, la parte più antica ospita molti altri monumenti di rilievo tra cui la Torre dell’Orologio, eleganti palazzi nobiliari eretti in differenti epoche, frammenti dell’antica cinta muraria messapica ed il ghetto ebraico medievale.
Il ghetto ebraico, la cui origine risale forse già al Medioevo, racconta di una comunità attestata a Manduria da documenti del XVI secolo, quando, per imposizione della maggioranza cristiana, venne relegata in un ristrettissimo quartiere fatto di viottoli e piccole abitazioni. In questo contesto, si conserva intatta la probabile sinagoga della comunità originaria, testimone silenzioso di un passato ricco di storia e cultura.
Collocato nell’ex Monastero delle Servite, un raffinato palazzo settecentesco di Manduria, il Museo Civico prende vita nel 2018 per custodire la memoria degli eventi della Prima e della Seconda Guerra Mondiale. Dedicato a registrare e trasmettere il patrimonio della memoria locale, il museo vuole anche evidenziare gli scambi culturali che hanno segnato la cittadina nei periodi straordinari dei conflitti mondiali.

L’allestimento museale si articola in due sale permanenti, rispettivamente dedicate alle due guerre mondiali. Una terza area, concepita come spazio di aggregazione, ospita mostre d’arte temporanee, rassegne letterarie, conferenze, eventi commemorativi e iniziative culturali, offrendo così un punto d’incontro per l’intera comunità.
Situato nell’ex Convento degli Agostiniani su Corso XX Settembre, il museo archeologico “Manduria Terra di Messapi” invece ospita una ricca collezione di reperti eccezionali, provenienti sia dai corredi funerari delle necropoli che dalle zone dell’abitato, in cui scavi e vicissitudini odierne riportano spesso alla luce nuove testimonianze del passato.
Il Calvario, situato tra Piazza Vittorio Emanuele II (conosciuta a Manduria anche come Villa ed in cui si trova il Monumento ai Caduti) e la Via per Maruggio, è un monumento unico nel suo genere grazie all’uso innovativo di conchiglie e frammenti di ceramica di diverse epoche e tonalità. Realizzato nella seconda metà del XIX secolo dal professor Giuseppe Renato Greco, rappresenta varie scene della Passione di Cristo.

L’origine del monumento risale al 1839, quando cinque sacerdoti liguorini lo proposero in ricordo delle prediche tenute durante la Quaresima nei luoghi di culto della città. Inizialmente fu eretto un modesto tumulo di pietre e terra su cui vennero collocate cinque grandi croci, ma ben presto i cittadini di Manduria notarono che il monumento risultava troppo misero.
Fu allora che l’arciprete Marco Gatti incaricò il professor Greco di intervenire. L’idea innovativa consisteva nel raccogliere vecchie stoviglie pregiate da ogni casa, testimoni della rinomata produzione di ceramica di Manduria e Laterza, per poi utilizzarle come tessere colorate di mosaico che arricchiscono l’opera con l’eleganza delle maioliche.
Uno dei molti edifici che arricchisce il tessuto storico di Manduria e rappresenta una testimonianza importante del patrimonio artistico e nobiliare della città è Palazzo Corcioli Giannuzzi. È un elegante esempio di architettura storica che risale probabilmente al XVI secolo e ha subito diversi interventi di rimaneggiamento nel corso del tempo.

Originariamente associato alla famiglia Corcioli (marchesi di Trepuzzi), poi passato ai Giannuzzi di Francavilla Fontana, questo palazzo si distingue per l’imponente portale d’ingresso ornato da decorazioni fitomorfe che ne enfatizzano lo stemma nobiliare, sormontato da una balconata. Un vano dalla volta a stella introduce l’ampio atrio, impreziosito da balconate e mensole decorate, mentre al piano superiore spicca una nicchia con tracce di affresco di una figura sacra.
Il parco archeologico delle Mura messapiche a Manduria si estende su 150mila mq e custodisce testimonianze eccezionali dell’antica civiltà messapica. Al suo interno si sviluppa una vasta porzione della triplice cerchia muraria che a quell’epoca circondava la cittadina, accanto alla più grande necropoli messapica mai rinvenuta: un’area con circa 2500 tombe, risalenti tra il VII e il II secolo a.C., la cui scoperta nel 1932 per opera di Quintino Quagliati, ha aperto nuove prospettive di studio con ulteriori scavi successivi che hanno evidenziato ricchi corredi funebri.
Tra gli elementi di spicco del parco, il Fonte Pliniano occupa certamente un posto d’onore. Probabilmente di origine messapica, questo pozzo descritto da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia, si trova all’interno di una grotta naturale di grandi dimensioni.

Raggiungibile attraverso 20 gradini scavati nella roccia, la grotta offre un lucernario quadrato sulla volta e la suggestiva immagine di un albero di mandorlo che, secondo una leggenda secolare, spunta da una struttura cilindrica, diffondendo la luce necessaria per illuminare l’ambiente. L’acqua, costantemente alimentata da una falda sotterranea, sgorga in maniera perenne. Un tempo il luogo aveva anche una valenza sacra, essendo indubbiamente dedicato al culto di una divinità messapica.
All’interno dell’area rientra la chiesa di San Pietro Mandurino, testimonianza dell’epoca medievale, che arricchisce ulteriormente il percorso storico e culturale offerto da questo straordinario parco archeologico.
Proprio accanto all’area del parco archeologico, la chiesa di Sant’Antonio da Padova sorge sul sito dell’ex convento dei Cappuccini, inglobando una navata dell’antica chiesa della Natività di Maria, risalente alla seconda metà del XVI secolo.

L’edificio attuale, eretto a metà degli anni ’30 su progetto dell’architetto manduriano Leonardo Arnò, si caratterizza per uno stile neo-gotico e una pianta rettangolare, composta da una navata centrale, due piccole laterali, un coro e un abside. Il lato destro è dominato da un alto campanile di circa 42 metri, suddiviso in più piani da cornici decorative, mentre sopra il portale si apre un grande rosone finemente lavorato. La facciata si completa con una cornice a dentelli e guglie eleganti.
Un nuovo convento, realizzato negli anni ’30 insieme alla chiesa, ospita l’antico convento cappuccino e il suo suggestivo chiostro, creando così un complesso che unisce storia e bellezza architettonica.
Altra tappa da non perdere è il Museo della Civiltà del Vino Primitivo, situato all’interno della cantina Produttori di Manduria, concepito per conservare la memoria di un mondo culturale in continua trasformazione e a rischio di dimenticanza. Il museo raccoglie oggetti e testimonianze che raccontano la vita quotidiana e le tradizioni legate al vino, presentandoli lungo un suggestivo percorso ipogeo nelle antiche cisterne della storica cantina ottocentesca, ormai trasformate in ambientazioni tematiche.
Questo viaggio nel passato, tra aratri e carri d’epoca, non è un mero nostalgico richiamo di tempi andati, ma un’analisi del valore culturale e patrimoniale del mondo contadino, capace di riconnettere la comunità locale con le proprie radici. Il museo mette in luce quei comportamenti e le pratiche artigianali che, pur evolvendosi, continuano a essere parte integrante dell’identità territoriale e del vissuto enogastronomico del territorio.

A conferma di questa continuità, il percorso espositivo è aperto al pubblico e include degustazioni di vino e piatti della tradizione, durante le quali vengono spiegati e narrati i segreti del vino Primitivo e della cucina locale.
Mare e riserve naturali
Pur non essendo direttamente affacciata sul mare, il territorio di Manduria si affaccia sul Mar Ionio e dispone di diverse marine e spiagge lungo la sua costa. Queste marine offrono bellissime spiagge sabbiose e calette con acque cristalline, tipiche della costa ionica pugliese e molto apprezzate per il turismo balneare estivo.
San Pietro in Bevagna è una delle mete balneari più celebri lungo la costa ionica del Salento ed il suo litorale, che si estende per circa 15 Km, si contraddistingue per la sua natura prevalentemente sabbiosa, intervallata in alcuni punti da piccole scogliere e formazioni rocciose, offre un mare dalle acque cristalline e trasparenti, una spiaggia dai toni caraibici situata a soli 10 Km da Manduria.
Dal punto di vista naturalistico, spiccano la Riserva naturale situata alla foce del fiume Chidro – probabilmente il corso d’acqua più importante del Salento – e la Riserva naturale della Salina dei Monaci.

Quest’ultima, che si estende tra San Pietro in Bevagna e Torre Colimena (anch’essa parte del Comune di Manduria), offre una splendida spiaggia di sabbia alternata a tratti rocciosi e ospita uno stagno salato dove, in determinati periodi dell’anno, si osserva la nidificazione dei fenicotteri rosa e di altri volatili (i cosiddetti cavalieri d’Italia).
All’interno della riserva è possibile ammirare anche dune sabbiose e una fitta macchia mediterranea ben preservata.
Torre Colimena è inclusa in un complesso di torri costiere, ideato per difendere il Salento dalle continue incursioni turche. Questo sistema difensivo fu realizzato per volere dell’imperatore Carlo V, re di Spagna, a seguito dell’invasione turca di Otranto nel 1480.

Altra torre costiera difensiva in territorio di Manduria è Torre Borraco, che si trova lungo il litorale che porta a Campomarino di Maruggio. Costruita intorno al 1560 e poi abbandonata per molti secoli, la torre aveva iniziato a deteriorarsi progressivamente. Nella prima metà del XX secolo il tetto era crollato e nel corso degli anni la struttura centrale era stata invasa dalla macchia mediterranea e da alberi di fico.
Dal 2011 e per i successivi due anni è stata oggetto di un restauro completo che ha incluso anche la realizzazione di una nuova scala. La torre è stata così riportata al suo aspetto originario e si trova a circa 500 metri da un piccolo torrente che porta lo stesso nome.